dal lemma ‘accelerazionismo’

Cominciamo a condividere nel blog qualche frammento/citazione dal Lessico della crisi e del possibile a brevissimo in uscita. L’auspicio è promuovere commenti, moltiplicazione dei punti di vista e delle forme (immagini, parole e suoni)

 

«Modernità è sinonimo di accelerazione. Da quando il mappamondo ha sostituito altre ‘sfere’, immaginando lo spazio e la sua conquista come la ‘sfera del mercato’, le possibilità esponenziali profitto hanno trasformato sia umani che natura in energia da sfruttare. La prospettiva coloniale ha implicato la riduzione di tutto il vivente a ‘risorsa’ da cui estrarre profitto (vedi voce estrattivismo).(…)

Lévi-Strauss aveva intuito con precisione il cuore di tenebra dell’occidente quando diceva che le società ‘calde’ richiedono di aumentare costantemente la quantità di energia che ognuno può consumare. Ma la sottrazione di mondo, il famoso ‘deserto del reale’, irrompe a volte per un istante a turbare quanti optano per la scorciatoia del diniego. (…)

Si potrebbe al contrario immaginare di «restare col danno» vivere nelle rovine del capitalismo, rifondare una dimensione relazionale a partire dalla co-vulnerabilità e includere in questa nuova coscienza anche la crescente vulnerabilità della Terra e anche il suo scontento.

Vale allora ricordare la considerazione di Rene Char: «Oggi siamo più vicini alla catastrofe dell’allarme stesso e ciò significa che è giunta l’ora di ricomporre un equilibrio (bien-être) nella sventura, anche se ciò avesse l’apparente arroganza di un miracolo».

[Fabrice Olivier Dubosc]

 

Per una Introduzione alla vita non fascista

Care e cari,

L’idea di un conformismo di sinistra (o disciplinare) ‘politicamente corretto’ non è solo di destra. Foucault usa il termine nella sua ‘introduzione a una vita non fascista’ (1977!) quando parla di quello stile obbligato del discorso politico che nel secolo scorso imponeva il riferimento obbligato a Freud, a Marx, allo strutturalismo. Foucault rifiuta però di immaginare un ‘nuovo’ quadro di riferimento che ‘spieghi tutto’ e faccia quadrare il cerchio, (seguendo il solito modello della sintesi a tutti i costi).
E ci invita a pensare il fascismo non solo a partire dai movimenti storici che hanno mobilitato le pulsioni delle masse, ma riflettendo sulla forma di quella pulsione che ci porta ad amare il potere, sul «fascismo che è in noi, che possiede i nostri spiriti e le nostre condotte quotidiane» e ci porta a «desiderare proprio la cosa che ci domina e ci sfrutta».
Seguendo le tracce di una diversa ‘arte’ del vivere non fascista Foucault enuncia una serie di punti che mi sembrano tuttora cruciali:

– In alternativa a ogni forma di discorso politico paranoico è possibile far crescere «l’azione, il pensiero e i desideri per proliferazione, giustapposizione e disgiunzione, anziché per suddivisione e gerarchizzazione piramidale».

– Per far questo è necessario affrancarsi da alcune categorie che fondano l’azione politica sul ‘Negativo’ «che il pensiero occidentale ha così a lungo sacralizzato come forma di potere e modo di accesso alla realtà». Questo modo inedito di pensare i processi – che Deleuze aveva tematizzato come ‘sintesi disgiuntiva’ – pone le basi per stare insieme nella differenza. E anche per contrapporsi in modo diverso alle derive del fascismo politico. E la bussola per Foucault – come per Arendt – è l’azione generativa (‘ciò che è produttivo’).

– Un altro punto mi sembra meriti di essere citato per intero ed è uno dei temi che attraversano il Lessico: «non crediate che si debba esser tristi per essere dei militanti, anche quando la cosa che si combatte è abominevole. È ciò che lega il desiderio alla realtà (e non la sua fuga nelle forme della rappresentazione) a possedere una forza rivoluzionaria». Pensate a quanto prevalga oggi la ‘fuga nelle forme della rappresentazione’ (‘i fotogrammi’) in contrasto a ciò che lega il desiderio (l’eros) alla realtà in modo sostenibile, vitale e trasformativo.

– Foucault conclude – contro la facile idea di una autonoma ‘individuazione’ umana – con un’affermazione che ha il sapore dell’ossimoro: l’individuo deve “disindividualizzarsi”, perché l’individuo stesso è un ‘prodotto del potere’ (in altre parole, la stessa soggettivazione mantiene l’imprinting dell’essere stati assoggettati). Questa frase meriterebbe una riflessione dialogale intensa.

La soluzione che pensa all’identità individuale come una monade sempre identica a sé stessa è una difesa ‘immunitaria’ del tutto obsoleta, e finisce sempre nella fonderia collettiva del mantra dei troll: ‘dire io significa rifiutare ogni trasformazione’. In questo senso identità e appartenenza non coincidono perché l’appartenenza può ampliarsi, differenziarsi, declinarsi su più registri fuori da dualismi e scelte binarie. «Il gruppo non deve essere il legame organico che unisce gli individui gerarchizzati, ma ciò che costantemente disinnesca i processi con cui il potere, si produce». Si tratta dunque di evitare la ricaduta in un sentimento egoico dove la con-fusione prevale sulla condivisione intersoggettva, in un grado zero dell’individualità, nel culto di qualcosa che ha il sapore della ‘rappresentazione’ e che evita il vero nodo: collegare il desiderio (l’eros) alla realtà per ampliare il campo del possibile, per ‘proliferare’ ‘giustapporre’ ‘differenziare’ (e per campare un po’ meglio).
La postfazione di Gianluca Solla al ‘lessico della crisi e del possibile’ darà ulteriore respiro a questi temi.

Clinica della Crisi e il suo Lessico

Benvenute e benvenuti. Due parole sul Lessico per chi non ha seguito in questi mesi il lavorio di co-coostruzione. Il tentativo è quello di pensare le connessioni, le ‘concatenazioni’, la costellazione che tra queste voci emerge per avvicinarci a una forma del presente che ancora chiede di essere vista includendo certo le dissonanze , per contrapporre allo stesso tempo una forma diversa di impegno da quella a cui tendiamo in modo tutto sommato difensivo e indentitario (‘la quadratura del cerchio’). Mi limito ora a inviare la lista dei 100 lemmi. Una delle raccomandazioni agli autori era di non ‘citare’ le parole degli altri (semmai di aggiungere tre testi di riferimento) – di utilizzare parole proprie, ‘traduzioni’ che diano accesso, decondizionate il più possibile dal gergo accademico e specialistico ma che diano conto della incredibile ricchezza di pensiero che quest’epoca ci offre.Ma noi ascoltiamo molto più volentieri le parole che ci racconta direttamente a modo suo un ‘tu’. Ed è un modo di prendere parola. Ecco da moderatore direi di applicare anche qui questa regola: quello che avete da dire ditelo con parole proprie, date conto dei pensieri generativi che vi attraversano, facendo dovuto riferimento agli autori, ma ‘partendo da sé’ e limitando se possibile l’invio di articoli e pagine scritte da altri.

Ecco la lista dei lemmi.

1. Accelerazionismo

2. Acrobati

3. Afrofuturism0

4. Antigone e la Legge del Mare

5. Antisemitismo 2.0

6. Antropocene/Capitalocene

7. Antropologia della violenza

8. Apocalissi culturali

9. Apprendimento/Disapprendimento

10. Bambini

11. Bikini e Burqini

12. Buonismo

13. Caduta del Cielo

14. Caleidoscopi familiari

15. Campo

16. Carcere

17. Cartografie future

18. Centro di permanenza per i rimpatri

19. Cimiteri migranti

20. Città africane

21. Città Rifugio

22. Codici affettivi/generatività

23. Colonialismo 2.0

24. Confini/Frontiere

25. Conversione ecologica

26. Corpo/Ambiente/Salute

27. Cura

28. Debito

29. De-clinare

30. Decoloniale/Postcoloniale

31. Defaunazione/Apocalisse degli insetti

32. Dialogo con i morti

33. Diaspora

34. Differenza

35. Diritti dei morti

36. Diritto di errare/diritto di ospitare

37. Disobbedienza

38. Economia cosmopolitica

39. Educazione/Ragionevolezza

40. Esigenza

41. Espulsioni/Dispensabilità

42. Estrattivismo/Neoestrattivismo

43. Euromediterraneo

44. Fascismo 2.0

45. Femminicidio

46. Femminilizzazione del lavoro

47. Femminismi

48. Forza

49. Fra-intendimento

50. Gentilezza

51. Gesto/incontro

52. Giudizio

53. Identità/Appartenenza

54. In campo/Fuori Campo

55. Infosfera

56. Intersezionalità

57. Invisibili

58. Lavoro

59. Lutto e non violenza

60. Mafia/antimafia

61. Memoria/Oblio

62. Mutinaturalismo/Prospettivismo

63. Muri

64. Necropolitica

65. Ninfa

66. Onnipotenza/Impotenza

67. Ospitalità

68. Ostinazione

69. Palestina

70. Popolo

71. Povertà

72. Precarietà

73. Prossimità/Approssimazione

74. Psicopolitica 2.0*

75. Radici coloniali della crisi climatica

76. Razzismo 2.0

77. Reale/irreale/possibile

78. Sahel

79. Sapere/Trasparenza

80. Seconde generazioni

81. Senza

82. Senza nome

83. Singolare

84. Solidarietà

85. Somateca

86. Sovranità/Sovranismo

87. Storia/storie orali

88. Subalternità

89. Sud

90. Suprematismo

91. Teologie/Ecoteologie femministe

92. Tortura

93. Transfemminismo

94. Transfert/cultura

95. Troll

96. Usi collettivi

97. Utopia

98. Volontariato/militanza

99. Vulnerabilità

100. Zingar*