La montagna del “dovuto”

Dal collettivo Gesturing Towards Decolonial Futures https://decolonialfutures.net

Tradotto e riadattato da fabrice

Link originale https://www.youtube.com/watch?v=3qSyXiAKzoY

Questa è una montagna che conosciamo. La montagna del dovuto. [NdT. La parola inglese “entitlement” non significa esattamente diritto e tanto meno dovere ma nella maggior parte dei contesti indica la pretesa che qualcosa di dovuto, l’aspirazione a una indiscutibile prerogativa privilegiata, il sentirsi intitolati a qualcosa.]

Molti di noi vivono la propria vita spinti da questo senso del “dovuto”, da pretese e desideri di ….controllo, denaro, stabilità, certezza e sicurezza. A sinistra vediamo coloro che competono per arrivare in cima – le narrazioni che ci dicono “se ti fai un gran mazzo ce la farai”, “questo è mio e me lo merito”… vediamo anche alcune persone che spingono altre giù dalla montagna mentre cercano di arrivare in cima della montagna delle prerogative…e a destra vediamo altre persone che la scalano ma che lo fanno in una modalità cooperativa, dandosi una mano, non dicono “questo è mio” ma “questo è nostro” “ci aiuteremo l’un l’altro, insieme raggiungere ciò che ci è dovuto!” 

Un altro modo di guardare alla montagna è dalla prospettiva delle false promesse di un traguardo come quello di andare serenamente in pensione come culmine di una mappa della realizzazione di sé, di cui abbiamo dato conto in un’altra serie di slide sulle delle età della vita, del diritto a un successo professionale che porti alla terra promessa in cima alla montagna, e come ci rispecchiamo e riflettiamo su questa mappa? E’ davvero realistica? E chi sono le persone a sinistra  e a destra– e l’invito di questa slide è di chiedervi: la vedete o no? risuonate con alcuni dei personaggi che salgono…?

Qui vediamo su cosa poggi veramente la montagna delle prerogative privilegiate e del “dovuto”: violenza, massacri, genocidio, un vero e proprio tentativo di distruzione del pianeta. Stiamo provando a lavorare con diverse metafore che ci aiutino a raccontare questa montagna e ci siamo detti, proviamo a dire pane al pane e vino al vino, montagne di corpi morti, di specie morte, di fiumi morti, di umani morti, di società morte, questa immagine ci dice che per scalare la montagna dobbiamo investire nel diniego, dobbiamo restare nel diniego della nostra complicità e nella collusione con queste violenze e questi danni, dobbiamo negare di essere tutti implicati e dobbiamo negare i limiti del pianeta. Così le persone a sinistra che scalano la montagna sono quelle che negano che ci sia un qualsivoglia problema “andrà tutto bene” o “se c’è un problema non è certo un mio problema” Vediamo un altro personaggio che dice “lock them up keep me safe” cioè  “rinchiudeteli per proteggermi” e questo riguarda le politiche securitarie la cultura della denuncia immunitareia: “chiamate la polizia”, proteggete a tutti i costi confini e proprietà, la logica implicita per cui i profitti vengono prima delle persone.  E sul lato destro della montagna vediamo la prospettiva collettivista: se ce la mettiamo tutta possiamo riparare qualcosa, se ci fossero più voci al tavolo delle decisioni, o se la mia proposta innovativa incontrasse altre proposte innovative, ma qualunque siano le proposte restiamo complici delle violenze sottostanti quando scaliamo la montagna di ciò che ci sembra “dovuto”… vediamo anche in questa slide nella valle, persone che non scalano più la montagna ma che restano colluse con le violenze sottostanti – un personaggio sta meditando e dice “siamo tutti una cosa sola” e un altro dice “sono diventato vegano non mangio più carne.” Forse non compri più bottiglie di plastica o fai donazioni a una buona causa e dici “ ho fatto la mia parte, ho fatto abbastanza ed è tutto quello che posso fare,  già faccio abbastanza” e vediamo una sorta di positività tossica che nasconde in fondo il diniego della complessità dei problemi e vediamo anche di nuovo l’individualismo “io non compro più bottiglie di plastica” e dunque…non è un mio problema . E da qualsiasi parte la si guardi questa montagna vediamo che sta diventando sempre più difficile negare le faglie, le fratture, le crepe… sia che scaliamo sul versante destro cooperando nell’ascesa con le nostre idee brillanti o che restiamo a valle pensando che stiamo facendo abbastanza c’è un’implicita convinzione che si possa trovare una soluzione alla crisi e ugualmente accedere ai vantaggi che la cima della montagna promette.

Un’altra cosa che la montagna dei cadaveri rende visibile è la connessione con le discriminazioni legate a età, disabilità, classe e razza. E quest’epoca pandemica dovrebbe rendere ancor più evidente la violenza implicita nelle dinamiche sistemiche di esclusione. Sembrerebbe quasi in tempi di covid che scendere dalla montagna, rinunciare alla scalata verso la sicurezza e il privilegio non portino da nessuna parte se non nella montagna di corpi sepolti… 

Chiedersi allora che cosa succede a chi viene buttato giù e permettersi di vedere tutto quello che c’è dentro la montagna apre una serie di interrogativi…

A questo punto l’invito è di prendere qualche istante per ragionare su che cosa emerge nella percezione della vostra esperienza, quali sentimenti o pensieri emergano quando vedete questa immagine e ascoltate quste riflessioni, potete anche chiedervi con quali dei personaggi rappresentati vi identificate… e anche che reazione vi suscita questo riconoscimento…?

Questa slide è un invito a interrompere i nostri desideri coloniali, le nostre prerogative e fantasie coloniali, e guardare in quelle crepe capendo se e come i nostri antenati abbiano partecipato alla creazione e al consolidamento di strutture violente che hanno devastano popoli e pianeta, riflettendo anche un po’ sulla nostra collusione, sui privilegi che ci hanno lasciato in eredità, e questo fa male al cuore, ci fa sentire destabilizzati, scossi, spezzati, ci fa sentire quanto sia difficile rinunciare a quei desideri e attaccamenti, a quanto siano incorporati, e che non vi siano facili linee di fuga, se nel momento in cui ritengo di aver mollato l’attaccamento a queste prerogative e desideri vedo un’altra modalità da cui vengo catturato e che sto nuovamente cercando di scalare la montagna. Questa slide parla proprio della necessità di ampliare la crepa, anche se generalmente riteniamo che sia una brutta cosa contemplare il dolore e la sofferenza, ma se non lo facciamo permettiamo a qualcosa di tossico di continuare a contaminare generazione dopo generazione… Se ci consentiamo di contemplare e avere a che fare con questo marciume FORSE possiamo iniziare a compostare un terreno fertile dove qualcosa di diverso potrebbe crescere… dove qualcosa di diverso potrebbe accadere…dando spazio al metabolismo, permettendo il compostaggio e non un marcire ininterrotto… forse potremmo creare le condizioni per qualcosa che potrebbe – ma non necessariamente – essere migliore… si tratta dunque di costruire la nostra capacità di fare i conti col dolore nostro e con quello nel mondo, sviluppando una capacità di resistenza, per forse scoprirci meno fragili… forse riuscendo ad aprirci a questo spazio di radicale incertezza e possibilità? Sederci ai margini di ciò che conosciamo? Chiederci che cosa richiede e come prepararci….?

Abbiamo condiviso già molto sulla possibilità di sfidare noi stessi a guardare le brutture e le cose dolorose, su come non evitare questa dimensione – quindi prima di passare alla slide successiva prendete un momento per ascoltare le risonanze personali che genera la possibilità di una posizione che ci mette di fronte non solo a ciò che conosciamo ma anche a ciò che non conosciamo e a quello di cui ci sarebbe bisogno per esplorarlo….

Così quando passiamo un po’ di tempo a riflettere ai confini di ciò che non conosciamo e riusciamo davvero a lasciare andare il nostro attaccamento alla montagna delle prerogative dovute c’è la possibilità che si apra un portale….

questo portale di possibilità non è qualcosa che possiamo immaginare, semmai è come un buco nero nell’universo, che sai che c’è e che rappresenta una trasformazione totale pur non sapendo cosa c’è dall’altra parte…  quest’ultima slide parla della costruzione delle risorse per camminare verso questo portale di possibilità. Ed è difficile dire cosa sia un portale, ma possiamo dire qualcosa di ciò che non è, e di questo è possibile dire qualcosa: non ha a che fare col controllo, non ha a che fare con la certezza o la sicurezza, non ha a che fare con l’individualismo e la separabilità, non è una storia sola, non è un’utopia, non è la scelta del diniego, non è la nostra attuale cornice di riferimento. Così parliamo di quello che il portale non è per far spazio all’emergere di qualcosa che non è ancora immaginabile….