da ba a ca

prosegue la condivisione degli incipit delle voci del Lessico della Crisi e del Possibile disponibile qui: https://www.seb27.it/content/lessico-della-crisi-e-del-possibile

bambini

Sono i bambini le prime vittime. Inaccettabili vittime i bambini che annegano nel Mediterraneo nei naufragi dei barconi. Altri bambini (in Libia) hanno perso la vita per soffocamento da esalazioni tossiche nei container che avrebbero dovuto condurli verso vite nuove, possibili. Quelle vittime infantili evocano il dolore supplementare di disgustose discussioni lanciate in rete per mettere in dubbio la verità delle immagini dei loro corpi senza vita, inaudite parole di dubbio sulla veridicità di scatti verissimi, che schiantano il cuore.

bikini e burkini 

Bikini vs Burqa: così titolò la Bbc commentando il match di esordio della squadra egiziana di beach volley contro la Germania alle Olimpiadi di Rio 2016. Le due atlete nordafricane, Doaa El-ghobashy e Nada Meawad, indossavano una tuta con maniche e pantaloni lunghi, e la prima, a differenza della compagna, portava anche un velo a coprire il capo1. Le tedesche, invece, giocavano in bikini, la tenuta più diffusa nel beach volley femminile. Tanto bastò ai media internazionali per trasformare la partita nella rappresentazione plastica di uno “scontro di civiltà”. 

buonismo

Forse non c’è oggi parola più vituperata di buonismo (e buonista) nella lingua italiana. Venne utilizzata per la prima volta nel 1993 per ironizzare sulla strategia politica di Walter Veltroni, e della sua apertura – secondo molti eccessiva e accondiscendente – nei confronti degli avversari politici. Fu poi rilanciata da Ernesto Galli della Loggia, che sul “Corriere della Sera” del 18 settembre 1995 titolava Chi non vede gli immigrati. La solidarietà ‘buonista’ del centrosinistra. La critica alle strategie di presa in carico del fenomeno migrante, considerate ingenue e vaghe, dilagò. Il significato di buonismo assunse toni sempre più dispregiativi: non indicava più ironicamente un’eccessiva apertura all’avversario politico ma la dabbenaggine idealista di chi considerava l’accoglienza solidale un valore costituzionale.

caduta del cielo 

Nel settembre del 1984 venne pubblicato un libro intitolato Gli ultimi Yanomami. Un tuffo nella preistoria. All’epoca avevo già vissuto quattro anni nell’area del Catrimâni, operando con e a favore degli indios Yanomami; poiché i miei sforzi professionali derivavano dall’esigenza di contribuire alla loro sopravvivenza fisica e culturale, la parola “ultimi” m’indignò alquanto. Nel luglio del 2017 il “Corriere della sera” ha pubblicato un servizio che includeva il sottotitolo La preghiera degli ultimi Yanomami. Tra i due titoli sono trascorsi trentatré anni, eppure in Italia si continuano a utilizzare le stesse banali, stereotipate parole. Basta leggere La caduta del Cielo, dello sciamano Yanomami Davi Kopenawa, per capire quanto abbiamo da imparare dalla sensibilità indigena in relazione all’ambiente. 

caleidoscopi familiari 

Madre e moglie, questo innanzitutto dovevi essere se nascevi donna prima del secolo scorso. Poi il femminismo della seconda metà del Novecento ha messo in discussione tutto. Ma vale ancora l’avvertenza che ci ha lasciato Simone de Beauvoir ne Il secondo sesso: «Il matrimonio moderno può essere compreso solo alla luce del passato che esso perpetua»

campo

Il vocabolario Treccani definisce innanzi tutto il “campo” come “spazio libero”. I campi dove vengono relegati profughi e migranti sono invece luoghi di confino e sovente al confine dove non sono liberi né l’accesso, né la permanenza e neppure la gestione degli spazi e del tempo. Il concentramento di profughi e migranti in campi ha iniziato a consolidarsi in occidente dal secondo dopoguerra in poi. Da soluzione temporanea per l’emergenza, i campi sono diventati la risposta sistematica alla gestione degli “indesiderati” e dei richiedenti asilo. 

carcere 

Il carcere è il luogo in cui vige un potere assoluto che comprime la vita del condannato come misura di compensazione per il reato (e come supposta pratica di rieducazione).  Il carcere è un luogo che fa dell’invisibilità il perno della propria legittimazione. La sua ragion d’essere, la privazione della libertà, si concretizza nella definizione architettonica che lo rende impenetrabile, non raggiungibile. 

cartografie future

In Méditerranée sans frontières di Sabine Réthoré, Europa e Maghreb si trovano a essere territori vicini. Le frontiere spariscono. Restano coste, montagne, isole e toponimi. Il rovesciamento della prospettiva disloca e rigenera lo sguardo. L’uomo moderno aveva costruito la propria cartografia per esplorare e colonizzare il mondo. Il mondo delle carte riflette il mondo dei moderni: un mondo oggetto, dove le “cose” sono esterne al mondo sociale.

 

dal lemma ‘accelerazionismo’

Cominciamo a condividere nel blog qualche frammento/citazione dal Lessico della crisi e del possibile a brevissimo in uscita. L’auspicio è promuovere commenti, moltiplicazione dei punti di vista e delle forme (immagini, parole e suoni)

 

«Modernità è sinonimo di accelerazione. Da quando il mappamondo ha sostituito altre ‘sfere’, immaginando lo spazio e la sua conquista come la ‘sfera del mercato’, le possibilità esponenziali profitto hanno trasformato sia umani che natura in energia da sfruttare. La prospettiva coloniale ha implicato la riduzione di tutto il vivente a ‘risorsa’ da cui estrarre profitto (vedi voce estrattivismo).(…)

Lévi-Strauss aveva intuito con precisione il cuore di tenebra dell’occidente quando diceva che le società ‘calde’ richiedono di aumentare costantemente la quantità di energia che ognuno può consumare. Ma la sottrazione di mondo, il famoso ‘deserto del reale’, irrompe a volte per un istante a turbare quanti optano per la scorciatoia del diniego. (…)

Si potrebbe al contrario immaginare di «restare col danno» vivere nelle rovine del capitalismo, rifondare una dimensione relazionale a partire dalla co-vulnerabilità e includere in questa nuova coscienza anche la crescente vulnerabilità della Terra e anche il suo scontento.

Vale allora ricordare la considerazione di Rene Char: «Oggi siamo più vicini alla catastrofe dell’allarme stesso e ciò significa che è giunta l’ora di ricomporre un equilibrio (bien-être) nella sventura, anche se ciò avesse l’apparente arroganza di un miracolo».

[Fabrice Olivier Dubosc]

 

Per una Introduzione alla vita non fascista

Care e cari,

L’idea di un conformismo di sinistra (o disciplinare) ‘politicamente corretto’ non è solo di destra. Foucault usa il termine nella sua ‘introduzione a una vita non fascista’ (1977!) quando parla di quello stile obbligato del discorso politico che nel secolo scorso imponeva il riferimento obbligato a Freud, a Marx, allo strutturalismo. Foucault rifiuta però di immaginare un ‘nuovo’ quadro di riferimento che ‘spieghi tutto’ e faccia quadrare il cerchio, (seguendo il solito modello della sintesi a tutti i costi).
E ci invita a pensare il fascismo non solo a partire dai movimenti storici che hanno mobilitato le pulsioni delle masse, ma riflettendo sulla forma di quella pulsione che ci porta ad amare il potere, sul «fascismo che è in noi, che possiede i nostri spiriti e le nostre condotte quotidiane» e ci porta a «desiderare proprio la cosa che ci domina e ci sfrutta».
Seguendo le tracce di una diversa ‘arte’ del vivere non fascista Foucault enuncia una serie di punti che mi sembrano tuttora cruciali:

– In alternativa a ogni forma di discorso politico paranoico è possibile far crescere «l’azione, il pensiero e i desideri per proliferazione, giustapposizione e disgiunzione, anziché per suddivisione e gerarchizzazione piramidale».

– Per far questo è necessario affrancarsi da alcune categorie che fondano l’azione politica sul ‘Negativo’ «che il pensiero occidentale ha così a lungo sacralizzato come forma di potere e modo di accesso alla realtà». Questo modo inedito di pensare i processi – che Deleuze aveva tematizzato come ‘sintesi disgiuntiva’ – pone le basi per stare insieme nella differenza. E anche per contrapporsi in modo diverso alle derive del fascismo politico. E la bussola per Foucault – come per Arendt – è l’azione generativa (‘ciò che è produttivo’).

– Un altro punto mi sembra meriti di essere citato per intero ed è uno dei temi che attraversano il Lessico: «non crediate che si debba esser tristi per essere dei militanti, anche quando la cosa che si combatte è abominevole. È ciò che lega il desiderio alla realtà (e non la sua fuga nelle forme della rappresentazione) a possedere una forza rivoluzionaria». Pensate a quanto prevalga oggi la ‘fuga nelle forme della rappresentazione’ (‘i fotogrammi’) in contrasto a ciò che lega il desiderio (l’eros) alla realtà in modo sostenibile, vitale e trasformativo.

– Foucault conclude – contro la facile idea di una autonoma ‘individuazione’ umana – con un’affermazione che ha il sapore dell’ossimoro: l’individuo deve “disindividualizzarsi”, perché l’individuo stesso è un ‘prodotto del potere’ (in altre parole, la stessa soggettivazione mantiene l’imprinting dell’essere stati assoggettati). Questa frase meriterebbe una riflessione dialogale intensa.

La soluzione che pensa all’identità individuale come una monade sempre identica a sé stessa è una difesa ‘immunitaria’ del tutto obsoleta, e finisce sempre nella fonderia collettiva del mantra dei troll: ‘dire io significa rifiutare ogni trasformazione’. In questo senso identità e appartenenza non coincidono perché l’appartenenza può ampliarsi, differenziarsi, declinarsi su più registri fuori da dualismi e scelte binarie. «Il gruppo non deve essere il legame organico che unisce gli individui gerarchizzati, ma ciò che costantemente disinnesca i processi con cui il potere, si produce». Si tratta dunque di evitare la ricaduta in un sentimento egoico dove la con-fusione prevale sulla condivisione intersoggettva, in un grado zero dell’individualità, nel culto di qualcosa che ha il sapore della ‘rappresentazione’ e che evita il vero nodo: collegare il desiderio (l’eros) alla realtà per ampliare il campo del possibile, per ‘proliferare’ ‘giustapporre’ ‘differenziare’ (e per campare un po’ meglio).
La postfazione di Gianluca Solla al ‘lessico della crisi e del possibile’ darà ulteriore respiro a questi temi.

Clinica della Crisi e il suo Lessico

Benvenute e benvenuti. Due parole sul Lessico per chi non ha seguito in questi mesi il lavorio di co-coostruzione. Il tentativo è quello di pensare le connessioni, le ‘concatenazioni’, la costellazione che tra queste voci emerge per avvicinarci a una forma del presente che ancora chiede di essere vista includendo certo le dissonanze , per contrapporre allo stesso tempo una forma diversa di impegno da quella a cui tendiamo in modo tutto sommato difensivo e indentitario (‘la quadratura del cerchio’). Mi limito ora a inviare la lista dei 100 lemmi. Una delle raccomandazioni agli autori era di non ‘citare’ le parole degli altri (semmai di aggiungere tre testi di riferimento) – di utilizzare parole proprie, ‘traduzioni’ che diano accesso, decondizionate il più possibile dal gergo accademico e specialistico ma che diano conto della incredibile ricchezza di pensiero che quest’epoca ci offre.Ma noi ascoltiamo molto più volentieri le parole che ci racconta direttamente a modo suo un ‘tu’. Ed è un modo di prendere parola. Ecco da moderatore direi di applicare anche qui questa regola: quello che avete da dire ditelo con parole proprie, date conto dei pensieri generativi che vi attraversano, facendo dovuto riferimento agli autori, ma ‘partendo da sé’ e limitando se possibile l’invio di articoli e pagine scritte da altri.

Ecco la lista dei lemmi.

1. Accelerazionismo

2. Acrobati

3. Afrofuturism0

4. Antigone e la Legge del Mare

5. Antisemitismo 2.0

6. Antropocene/Capitalocene

7. Antropologia della violenza

8. Apocalissi culturali

9. Apprendimento/Disapprendimento

10. Bambini

11. Bikini e Burqini

12. Buonismo

13. Caduta del Cielo

14. Caleidoscopi familiari

15. Campo

16. Carcere

17. Cartografie future

18. Centro di permanenza per i rimpatri

19. Cimiteri migranti

20. Città africane

21. Città Rifugio

22. Codici affettivi/generatività

23. Colonialismo 2.0

24. Confini/Frontiere

25. Conversione ecologica

26. Corpo/Ambiente/Salute

27. Cura

28. Debito

29. De-clinare

30. Decoloniale/Postcoloniale

31. Defaunazione/Apocalisse degli insetti

32. Dialogo con i morti

33. Diaspora

34. Differenza

35. Diritti dei morti

36. Diritto di errare/diritto di ospitare

37. Disobbedienza

38. Economia cosmopolitica

39. Educazione/Ragionevolezza

40. Esigenza

41. Espulsioni/Dispensabilità

42. Estrattivismo/Neoestrattivismo

43. Euromediterraneo

44. Fascismo 2.0

45. Femminicidio

46. Femminilizzazione del lavoro

47. Femminismi

48. Forza

49. Fra-intendimento

50. Gentilezza

51. Gesto/incontro

52. Giudizio

53. Identità/Appartenenza

54. In campo/Fuori Campo

55. Infosfera

56. Intersezionalità

57. Invisibili

58. Lavoro

59. Lutto e non violenza

60. Mafia/antimafia

61. Memoria/Oblio

62. Mutinaturalismo/Prospettivismo

63. Muri

64. Necropolitica

65. Ninfa

66. Onnipotenza/Impotenza

67. Ospitalità

68. Ostinazione

69. Palestina

70. Popolo

71. Povertà

72. Precarietà

73. Prossimità/Approssimazione

74. Psicopolitica 2.0*

75. Radici coloniali della crisi climatica

76. Razzismo 2.0

77. Reale/irreale/possibile

78. Sahel

79. Sapere/Trasparenza

80. Seconde generazioni

81. Senza

82. Senza nome

83. Singolare

84. Solidarietà

85. Somateca

86. Sovranità/Sovranismo

87. Storia/storie orali

88. Subalternità

89. Sud

90. Suprematismo

91. Teologie/Ecoteologie femministe

92. Tortura

93. Transfemminismo

94. Transfert/cultura

95. Troll

96. Usi collettivi

97. Utopia

98. Volontariato/militanza

99. Vulnerabilità

100. Zingar*