razzismo e inconscio

Riprendendo Foucault e Deleuze, Achille Mbembe sottolinea ripetutamente che razza e razzismo fanno parte dei processi fondamentali con cui l’inconscio rappresenta il rapporto con l’alterità.

[Per] il razzista vedere un negro, significa non vedere che non c’è, che non esiste; che non è che il punto di fissazione patologica di un’assenza di relazione.[Mbembe, 2012, p. 58 ].

La categoria psicopatologica cui fare riferimento non è evidentemente in senso clinico la fobia (che genera evitamento) ma la paranoia, là dove la proiezione sull’oggetto delle proprie pulsioni aggressive è così massiccia da generare forme di attacco preventivo.

La razza fa dunque parte di una struttura immaginaria generatrice di doppi, di simulacri, di «oggetti schizofrenici».

Perché possa operare in quanto affetto, pulsione e riflesso, la razza deve farsi immagine, forma, superficie, figura, e soprattutto struttura immaginaria (…) la sua forza proviene dalla capacità di produrre incessantemente oggetti schizofrenici, nel popolare e ripopolare il mondo di simulacri, di esseri da categorizzare e frammentare, a sostegno disperato di una struttura che vacilla [Mbembe, ivi, p. 57].

Tutto ciò rivela una forma estrema di sostegno paranoide a un’immagine ideale ad alto rischio di frattura. L’allucinazione di un mondo in bianco e nero diventa necessaria per negare il processo di elaborazione e il confronto con la vulnerabilità necessari per sostenere il cambiamento e la differenziazione. Il lavoro inconscio della razza consiste insomma nella negazione radicale di un bene comune, di una comunanza umana nella diversità, attraverso l’espulsione proiettiva della differenza dall’altra parte dello specchio.

La stessa retorica antirazzista rischia di rimuovere, edulcorare e ‘imbiancare’ questi nuclei di razzismo inconscio senza modificarne il segno. Allora in nome dei ‘buoni sentimenti’ – si finisce per riproporre la rappresentazione dei poveri africani da salvare e delle vittime da aiutare invece di decostruire il significante stesso di ‘razza’ incorporato in forme inconsapevoli, profonde, collettive, contagiose.  O magari si tenta di diventarne ‘rappresentante’ politico invece di dar loro voce.  Si rischia allora di  riprodurre le disuguaglianze che il triangolo sistemico persecutore/vittima/salvatore tende a perpetuare.